Intervista del 2021

Intervista* a Zon in concomitanza della pubblicazione del capitolo finale del libro sul sito Dinamopress.it

D: Ci spieghi un po’ come l’idea del libro vi è venuta.

R: E’ una storia buffa, è successo ad inizio febbraio di quest’anno, dopo essere andato a passeggiare a Montmartre. Mi era appena finito un contratto di lavoro, sono biologo, ed avevo un break fino a giugno prima di ricominciare a lavorare. Avevo una serie di progetti di viaggi che erano andati a monte a causa del covid e mi chiedevo come avrei occupato il tempo libero.

D: E quindi è saltata fuori questa storia del libro?

D: Si, è stata un po’ un’illuminazione.

R: E come mai vi siete ritrovati in due a scriverlo?

D: L’idea iniziale della storia, l’esplosione del Sacro Cuore scagliandogli contro la Colonna Vendôme è venuta a me a Montmartre,  ed anche il fatto che volevo scriverla entro la fine dei 150 anni della Comune di Parigi. Un tempo molto breve per un libro, ma era il gioco. Mi serviva dunque un aiuto e ho telefonato a Krill che ha accettato. Inoltre non avevo voglia di farne un’attività solitaria.

D: E Krill ha accettato subito?

R: Si’, rapidamente e senza riflettere troppo ci siamo messi a scrivere

D: Essendo un’opera a quattro mani, come avete fatto per dividervi il lavoro?

R: Come avrebbe detto mia nonna, alla sanfaso’, avevamo la fine, il botto, bisognava inventarci tutto il resto. Krill vive in Italia, io a Parigi, scambi di mail, telefonate e qualche chiacchierata con la videocamera.

D: Dice che avete cominciato a scrivere ad inizio febbraio e siamo ad inizio giugno, 4 mesi sono pochissimi per scrivere un libro.

R: Infatti, il libro non è ancora scritto, abbiamo la storia, i personaggi ed una prima versione pulita del capitolo finale, c’è ancora parecchio lavoro. Pero’ esiste già in due lingue, italiano e francese.

D: il testo originale è stato scritto in che lingua?

R: Io scrivo in francese, Krill in italiano, poi ognuno a tradotto gli scritti dell’altro.

D: Ma lei è italiano, come mai lo ha scritto in francese?

R: Vivo in paesi francofoni fin dall’età di otto anni, sono bilingue, ma sono più a mio agio con il francese. Poi, svolgendosi la storia a Parigi, ed essendo i personaggi essenzialmente francesi, mi veniva meglio scrivere in francese.

D: Tornando alla scrittura a quattro mani, trama, personaggi, stile, come vi siete messi d’accordo?

R: Ribadisco alla sanfaso’, l’unica cosa sulla quale eravamo d’accordo all’inizio era che il Sacré Coeur esplodeva. A me piaceva l’idea che, come durante la Comune di Parigi, il testo sarebbe venuto fuori scrivendolo, le idee sarebbero sorte mano a mano, anche adattandole agli avvenimenti reali. La storia si svolge ora, durante il covid, e gli avvenimenti quotidiani hanno contribuito a plasmarla. Abbiamo stabilito un primo “scheletro” e ci siamo divisi i compiti.

D: Leggendo il finale, che si svolge a Parigi il lunedi’ della Pentecoste, durante il centocinquantenario della Semaine Sanglante, abbiamo contato più di una decina di nomi, di personaggi. Senza fare “spoiling”, ci puo’ spiegare un po’ chi sono e come li avete creati?

R: Sono comparsi poco a poco, scrivendo, certi li ho creati io, altri Krill. Per quanto mi riguarda alcuni sono costruiti partendo da persone reali, altri di sana pianta, del tutto immaginari. L’aver usato delle persone reali come “scheletro” era un modo per me un aiuto per creare dei personaggi “veri”, ma era anche per alcuni di essi, una maniera di mettere in scena delle persone che mi sono care.

D: Vi è dunque una componente autobiografica nel libro?

R:  Come in tutte le storie, credo, in modo più o meno evidente. Per quanto mi riguarda direi proprio di si’, sebbene non compaia un personaggio quasi cinquantenne nella storia. Per una componente culturale e politica francese alla quale più o meno appartengo, l’esplosione del Sacro Cuore è un classico. Non so se cio’ sia evidente per gli italiani, è come se uno si volesse sbarazzare della “macchina da scrivere”, il monumento a Vittorio Emanuele di Piazza Venezia a Roma, sia per quanto è brutto, sia per quel che rappresenta.

D: Leggendo il capitolo finale, colpisce l’aspetto cinematografico della scrittura. Se ne potrebbe fare un film.

R: Ha ragione, vivo a Parigi da tre anni e sono andato molto in giro, lunghe passeggiate, spesso senza meta. Per il libro, sono andato nei luoghi, li ho percorsi, quasi immedesimandomi nei personaggi. Ha avuto quasi una funzione terapeutica, l’errare guardandomi intorno, si è trasformato, ha assunto uno scopo.

D: Vi siete chiesti, come si dice nel mondo del marketing, il “target” del vostro libro?

R: Per quanto mi riguarda ho cercato di scrivere una storia che puo’ leggere chiunque. Ci sono chiaramente dei riferimenti e delle chicche che sfuggiranno ad alcuni, forse molti lettori, se ci saranno. Ma sono convinto che un libro possa avere diversi livelli di lettura, il lettore puo’ non coglierli, andare a vedere su internet di cosa si tratta o semplicemente tirare avanti. Ci tengo alle “chicche”, ai “Klein d’oeil, bleu” come si dice in francese. Poi l’ho scritto per divertimento, per inventare una realtà alternativa a quella che viviamo. Pour le plaisir!

D: Tornando alla scrittura e a quanto ha accennato sulla funzione terapeutica che ha avuto, è la prima volta che scrivete un libro?

R: Il termine “terapeutico” è chiaramente eccessivo. No, non avevamo mai scritto libri prima. Io di formazione sono biologo, mi occupo del sistema nervoso delle mosche. Poi faccio tante altre cose, molta fotografia. E’ dunque la prima volta che scrivo, fortunatamente ho avuto l’aiuto di rilettori attenti che mi dicono dove le cose non funzionano e soprattutto correggono uno stile che spesso è troppo colloquiale. Mi sono anche molto divertito a cercare informazioni relative a delle parti del libro, ne ho parlato con gente che se ne intende e li ringrazio. Per quanto riguarda i personaggi, soprattutto i più giovani, ho chiesto aiuto a persone di quell’età, per verificare la « veridicità ». Per quanto riguarda i lettori, direi piuttosto le lettrici, l’ago della bilancia era mia figlia sedicenne, le ho fatto leggere dei pezzetti, per evitare una storia e dei personaggi d’altri tempi, troppo autoreferenziale. Il suo giudizio é stato positivo.

D: Per finire, quando uscirà il libro intero?

R: Boh, prima dobbiamo metterci d’accordo su come rilavorare il testo intero. E c’è ancora parecchio lavoro, armonizzare i capitoli scritti in italiano e quelli in francese. Forse verranno fuori due libri diversi, perché no? Poi si vedrà. Chiaramente una versione cartacea mi piacerebbe farla, ma anche pubblicare la storia su un blog, a puntate, come un feuilleton.

In seguito a quest’intervista, Krill, le altre due mani del libro, ha mandato il commento seguente:

“Quando mi è stato proposto di scrivere questo libro ho subito accettato. Mi piace scrivere, ho scritto tanto anche se non letteratura, e l’idea di una storia distopica in un momento in cui sembra che futuro vero non ci sia mi divertiva. Ma ho accettato consapevole della complessità dell’operazione. Perché scrivere a quattro mani non è mai facile. Perché due mani erano antiche e altre due giovani. Perché due mani vedevano il mondo in un modo e altre due in modo diverso. Perché due mani erano di un figlio e altre due di un padre. Età diverse, storie diverse, idee diverse. Non solo mani, ma occhi, teste. Difficilissimo, e lo sapevo. Le criticità erano inevitabili. Mettere insieme una storia coerente, riversare le criticità nei diversi personaggi, non fondere le quattro mani né giustapporle, far parlare mani, occhi, teste. Certo, avventurarsi alla sanfasò, con incoscienza e consapevolezza. E divertimento. Limitandosi e cercando di limitare. Fiducioso nella reciproca consapevolezza. Il risultato mi sembra buono, vedremo alla fine. Ci sto dentro quanto è possibile, lo sapevo dall’inizio. Sul terapeutico la riflessione è aperta.”

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